Re Leone Weah
In questi giorni il suo nome è ricomparso grazie ad una dichiarazione di Leonardo, neo allenatore dell’Inter, che ha fatto molto discutere : “ Eto’o assomiglia a Weah”. Discutibile o meno questa dichiarazione ci porta a pensare: Che fine ha fatto George Weah? Diavolo Nero, Il Re Leone, Big George, King George, Giorgio, La Pantera: sono alcuni dei soprannomi che hanno accompagnato la lunga carriera di George Weah, noto in questo angolo del mondo per aver vestito la maglia del Milan sul finire degli anni novanta. Considerato uno dei migliori calciatori africani di sempre e uno degli sportivi più noti del continente, nel 1999 fu scelto dall'IFFHS come Calciatore africano del secolo. Non si può non ricordare la conquista del Pallone d’Oro nel 1995, primo in assoluto consegnato nelle mani di un calciatore non europeo ed unico ad oggi a finire nella bacheca di un africano. Nel 2004 è stato inserito nel FIFA 100, una lista dei 125 più grandi giocatori viventi, selezionata da Pelé e dalla FIFA in occasione del centenario della federazione. Weah fu acquistato dal Milan nel maggio 1995, proveniente dal Paris Saint-Germain, con cui aveva vinto il campionato francese nel 1994. Esordì in Serie A in Padova-Milan 1-2 del 27 agosto 1995, segnando un gol di testa dopo soli 6 minuti di gioco ed inventando l'assist per l'ultimo gol in rossonero del capitano Baresi. Pur non segnando tantissimo (nel suo primo anno in Italia segnò 11 gol in 26 partite), marcò gol fondamentali per la conquista del 15º scudetto del Milan. In Africa che tu sia leone o gazzella devi cominciare a correre. E lui lo sapeva bene, quando entrava in campo sembrava un ghepardo nella savana, sentiva l'odore della sua preda e la scrutava da lontano, la porta avversaria, anche di spalle sapeva dov'era, e chiunque si frapponesse tra lui e la sua preda veniva spazzato via con potenza e tecnica, fino a quando non gonfiava la rete, solo allora si placava, solo allora si addomesticava. Di lui i tifosi rossoneri ricordano la straordinaria forza fisica, l’eleganza nei movimenti e quella capacità di render semplici anche le giocate più complicate, come quando, in una gara contro il Verona, percorse 90 metri e scartò almeno sette avversari prima di realizzare uno dei gol più belli nella storia del calcio. Soleva cominciare le interviste dicendo: "Ciao a tutti, belli e brutti", anche dopo una sconfitta aveva voglia di scherzare, ricordandoci che nella vita ci sono cose ben più importanti di una partita di calcio, e lui che nacque e crebbe nella baraccopoli di Clara Town, a Monrovia, certe considerazioni aveva imparato a farle, sapeva riconoscere ciò che nella vita è veramente importante e cosa no. Con il Milan ha giocato fino al gennaio del 2000, contribuendo alla conquista di due scudetti. Dopo l’esperianza italiana, giocò nel Chelsea (dove si tolse la soddisfazione di conquistare la FA Cup), prima di passare al Manchester City e concludere la carriera a Marsiglia nel 2001.
Ed è proprio nello stadio marsigliese che andò in scena la gara di addio al calcio del più forte giocatore africano di tutti i tempi. Volle attorno a sé colleghi ed avversari (Sheva, Zidane, Ronaldo, Ronaldinho, Baggio, Boban, Henry, Thuram, Desailly, Vieira, Kallon, Barthez, Cissé, Drogba, Eto’ o, Makelele e tanti altri) per salutare degnamente il mondo del pallone.
E poi? Da quando ha abbandonato l'attività agonistica è diventato una figura umanitaria e politica nel suo paese, impegnandosi a fondo nella lotta contro i problemi che attanagliano la Liberia, uscita da una cruenta guerra civile. A metà novembre del 2004 annunciò una sua possibile candidatura alle elezioni presidenziali liberiane dell'11 ottobre 2005. George Weah ebbe un tifoso in più: anche il premier Silvio Berlusconi si schierò a favore della candidatura dell'ex-calciatore del Milan (dal 1995 al 2000) a presidente della Liberia. In un’intervista di quel periodo a ''Il Giornale'', il premier italiano Silvio Berlusconi ha dichiarato il suo pieno appoggio all'impegno politico di Weah, dichiarando: ''Non ho mai smesso di fare il tifo per lui. Lo apprezzavo sul campo di calcio, lo apprezzo in questa nuova sfida''. Richiamato a gran voce nel paese africano, ''King'' George ha lasciato la sua abitazione in Florida (USA) per dare nuove speranze ad una nazione distrutta da oltre 15 anni di guerra civile. Il 13 agosto 2005 venne confermata la sua candidatura con il Cdc, Congresso per la Democrazia e il Cambiamento (Congress for Democracy and Change). ''Ho spesso sentito dire che il calcio è bassa cultura - dichiarò tempo fa Weah - ma molto più della pittura, dei libri, dei poemi, della musica riesce a regalare gioia alle persone che soffrono''. Ed è proprio questo modo di concepire la vita con gioia (e determinazione), che fa di George Weah uno dei più seri candidati alla presidenza in Liberia, in barba a chi gli rimproverava di non possedere l'esperienza necessaria per affrontare un compito così difficile. Al primo turno risultò il candidato più votato con il 28,3% dei voti, ma al ballottaggio fu sconfitto dall'economista Ellen Johnson-Sirleaf, che ottenne il 59,4% dei consensi. Peccato, perché uno come King George se governava come giocava, poteva essere un ottimo presidente! Di quella sua potenza unita ad una tecnica sopraffina ne avremmo bisogno anche oggi ma soprattutto avremmo bisogno di una sua battuta per sdrammatizzare magari in un momento poco felice, fosse solamente un "ciao a tutti belli e brutti".
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