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Cappellini: "A 17 anni titolare con Van Basten, mi salvò l'incoscienza. Camarda? Oggi ci sono molte più pressioni"

ESCLUSIVA MN - Cappellini: "A 17 anni titolare con Van Basten, mi salvò l'incoscienza. Camarda? Oggi ci sono molte più pressioni"MilanNews.it
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mercoledì 13 novembre 2024, 16:00ESCLUSIVE MN
di Gaetano Mocciaro

Francesco Camarda è stato l'uomo del weekend per il suo esordio da titolare a soli 16 anni. Un talento che continua a bruciare le tappe e che ha superato bene il primo esame, nella complicata trasferta di Cagliari. Ne abbiamo parlato con chi, come lui, ha esordito giovanissimo da titolare al Milan: Massimiliano Cappellini, che si ritrovò a 17 anni a comporre un tridente con Marco van Basten e Pietro Paolo Virdis, imbeccato a centrocampo da Carlo Ancelotti. Da anni all'Empoli dove ricopre attualmente il ruolo di osservatore, Cappellini torna sul suo passato talento precoce e parla dell'attuale enfant terrible rossonero. In esclusiva per MilanNews.it

Massimiliano Cappellini, che impressioni hai avuto da Francesco Camarda?
"Posso dire che mi sembra un ragazzo con la testa sulle spalle. Un ragazzo che affronta nel modo giusto questo momento, cosa non facile dato che viviamo nell'era dei social, delle televisioni e su questi ragazzi c'è una pressione immensa. Ci vuole forza da parte sua e di chi gli sta intorno"

Sorpreso da questa ascesa fulminea?
"Sicuramente. Un ragazzo che arriva a questi livelli al Milan non è la regola, almeno non ultimamente. È figlio di un settore giovanile che ha dato e sta dando giocatori importanti e questo è un po' l'obiettivo nuovo del club. Devo dire che ha la fortuna di essere ben strutturato fisicamente e tenere botta con i grandi. Certamente ha bisogno di un po' di tempo per adeguarsi".

Sei tra i più giovani esordienti del Milan: a 17 e un mese l'esordio da subentrato con la Sampdoria. A 17 anni e dieci mesi l'esordio da titolare
"Me lo ricordo benissimo, contro l'Atalanta a San Siro dove perdemmo. Era la partita dopo la famigerata trasferta di Belgrado, nella quale si infortunò molto gravemente Donadoni. All'epoca le rose erano molto più ristrette e Sacchi mi diede fiducia. Feci una partita discreta per essere un 17enne esordiente".

Come si gestisce un impatto simile nel mondo dei grandi?
"Uno si rende conto di quel che è successo solo dopo, inizi a realizzare che stai affrontando qualcosa di grandissimo e fantastico. E devo dire che l'incoscienza mi ha aiutato".

Camarda ha saputo di giocare titolare già alla vigilia. Quanto pesa questo? È successo lo stesso anche a te?
"No, io non sapevo che avrei esordito perciò passai una notte serena. Arrigo Sacchi mi comunicò la notizia il giorno della partita, al mattino. Una gioia infinita ma allo stesso tempo complicato, perché sei ancora un ragazzo, non hai la struttura di un uomo. Ma fa parte del gioco e il club in ogni caso ti sta vicino".

Dopo l'esordio in quel Milan le tue aspettative quali erano?
"Quando sono andato via dal Milan non sono più rientrato, ma del resto la concorrenza in attacco non era proprio male: Gullit, Van Basten, Massaro, Virdis… A livello giovanile andavo molto bene, il mio percorso fu quasi normale e anche se non mi sono confermato in rossonero sono riuscito a ritagliarmi il mio spazio altrove e sono felice di quello che ho fatto. Non solo deluso perché crescendo ho capito quanto fosse difficile giocare a quei livelli, perché quel Milan era una delle squadre più forti al mondo. Quindi no, non c'è rammarico perché presi immediatamente coscienza di quanto potesse essere difficile far parte di quella squadra".

Oggi anche un giocatore giovanissimo come Camarda è circondato da un entourage di professionisti. Era così anche nel tuo caso?
"Ma va… c'era la famiglia, gli amici, gli affetti. Ma il calcio dei miei tempi era diverso e nemmeno paragonabile a quello di oggi e non oso pensare infatti alle pressioni che possa avere Camarda. Quando ho esordito io al limite potevi leggere qualcosa sui giornali, ora con i social i riflettori sono costantemente puntati su di te".

L'Italia è un paese (calcisticamente) per giovani?
"Sicuramente è un paese che deve trovare un po' più di coraggio nel dare fiducia e una spinta al giovane, sotto tutti i punti di vista. Non voglio cadere nel patetico dicendo che altrove è diverso, dico però che l'Italia è un paese particolare, che vive il calcio in una maniera tutta sua. È una questione culturale, insita nel DNA della nostra nazione. Poi, per carità, per certe piazze è più facile avere il coraggio di investire sui giovani rispetto ad altre, perché il mondo del calcio vive sui risultati. Ma il giovane va protetto e accompagnato nel suo percorso di crescita".

Da talento precoce a talento precoce: ti senti di dare un tuo consiglio a Camarda?
"Non ho consigli particolari se non augurargli il meglio con grande sincerità per quel che sarà la sua carriera. Credo che abbia attorno a sé tutto per poter affrontare quel che verrà. E gli faccio un grande in bocca al lupo".