REWIND & ZOOM: Il LeoMilan e il 4-2-?-3
Alzi la mano chi non ha mai avuto paura che Lazio-Milan potesse diventare il remake capitolino della beffa patita al San Paolo. Ad un certo punto, e precisamente dopo un'ora di gioco, la partita di ieri sembrava un film già visto: Lazio rinvigorita dal gol del 2-1, Milan in affanno, incapace di rendersi pericoloso. E invece no: malgrado i rischi e i pericoli creati quasi esclusivamente da quel diavoletto di Mauro Zarate, il Milan è riuscito a portare a casa tre punti pesanti, prima della sosta, al termine di una gara giocata nel complesso meglio che a Napoli. E allora tutti a guardare la classifica: la Roma ferma l'Inter a San Siro, i rossoneri sono la terza forza del campionato: ergo, possono (devono) credere nello scudetto. Ognuno è libero di pensare ciò che vuole, ma siccome l'illusione è dolce per sua natura, io preferisco ignorare le graduatorie e sposare il pensiero (vero o no) di Massimo Oddo: qualcosa di buono si comincia a vedere, abbiamo intenzione di giocarcela fino alla fine, ma è presto per guardare avanti: meglio guardare a noi stessi.
Torniamo al match, e al paragone tra la sfida di ieri e quella di qualche giorno fa al San Paolo. La differenza sostanziale mi sembra sia tutta nel potenziale dell'avversario: a Napoli, il Milan ha dovuto lottare contro 11 avversari in forma smagliante e contro un pubblico bollente. A Roma, diciamocela tutta, l'unico a creare problemi è stato Zarate: non è un caso che il gol biancoceleste sia scaturito da un doppio rimpallo sugli sviluppi di una sua conclusione, e che più di una volta l'argentino sia partito da centrocampo palla al piede e giunto sin nei pressi della nostra area di rigore. Zarate a parte (al quale possiamo soltanto dire: complimenti), e complice un avversario decisamente modesto, il Milan di ieri ha tenuto meglio il campo, ed anche nella ripresa, malgrado il forcing degli uomini di Ballardini, è riuscito in più di un'occasione a rendersi pericoloso.
Come ammesso nel post partita da Thiago Silva, i rossoneri stanno attraversando un ottimo momento: le vittorie, certo, mettono tutti d'accordo. Ma c'è di più: c'è che Leonardo sta dimostrando di non essere "un uomo a caso", sforzandosi (con successo) di dare alla creatura rossonera un'impronta chiara. Il "suo" Milan corre meglio di tanti Milan visti negli ultimi anni, e si avvale di un modulo - il 4-2-1-3 - che, se interpretato al meglio da ogni singolo esecutore, sa essere efficiente e divertente al contempo. Guardare a noi stessi: dice bene Oddo, perchè sebbene sia un ottimo momento, c'è ancora da lavorare. Su due punti in particolare, a mio avviso, Mister Leonardo dovrà concentrarsi nei prossimi giorni: innanzitutto, sul fatto che questo Milan non riesce mai ad infierire il colpo di grazia alle partite, lasciando in vita gli avversari e la possibilità di pericolosi colpi di coda. Segna uno o due gol, poi, troppo spesso, rinuncia a giocare, si abbassa chiudendosi in trincea e si rimette alla clemenza del destino.A Napoli, questo atteggiamento è costato due punti che fra qualche mese nessuno di noi vorrebbe rimpiangere. Il secondo punto è il numero 1 del modulo, ovvero, quell'uomo che gioca tra le linee - inventando per gli attaccanti, trasformandosi egli stesso in attaccante - di cui il Milan sta facendo a meno. L'indiscutibile classe e la pericolosità nei tiri da fuori farebbero di Seedorf l'uomo ideale per ricoprire questo ruolo, ma l'olandese è in un momento no che dura da diverse settimane. Anche ieri, il suo apporto al gioco del Milan è stato minimo e, nella sincera speranza che "Effetto sera" ritrovi al più presto se stesso,comincio a pensare che non sia "tagliato" per l'ultimo passaggio. Ipotesi: e se si provasse ad invertire i ruoli, portando Dinho sulla trequarti e riportando Clarence sulla sinistra?
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