Maldini traccia la via. Theo esempio mondiale, Giroud una garanzia. Rilanci ricchissimi per Leao e Bennacer. Lo stadio si fa da soli
Paolo Maldini parla da Dubai e dice cose. Come accade a chi centellina le parole e i pubblici pensieri. Le ambizioni, anzitutto: siamo il Milan e non possiamo accontentarci di uno scudetto. Punto focale, che accende qualche luce anche sulle strategie presenti e future di mercato. Ambizioni coniugate all’equilibrio, per non fare una brutta fine e anzi crescere sempre un po’.
Queste scelte, anche se Maldini non fa riferimenti, passano per i rinnovi ed è normale che si pensi a rinforzare una rosa partendo dai più forti che già hai in casa. Che il club rossonero sia disposto ad alzare le famose asticelle di ingaggio non ci sono dubbi da 2 anni: è arrivato a offrire 8 milioni netti a Donnarumma, 5 al turco, 6 a Kessie, ora raddoppia quello di Bennacer e quintuplica quello di Leao. Per sposarsi bisogna essere in due, da che mondo è mondo: la dote è importante, è ricca, certifica la voglia di trattenerli. Ma se i giocatori pensano solo ad essere più ricchi e non al centro di un progetto ambizioso, non c’è niente da fare. Ai rilanci c’è un limite: nei contratti non si fa mai all-in se non da una parte sola. Quella parte che si siede al tavolo a partita iniziata, carica il piatto con una posta insostenibile, poi si alza e se ne va col bottino. Chi vuoi capire capisca.
Maldini continua parlando del ricco rinnovo con Emirates, spazia dal recupero degli infortunati al senso del lavoro a Dubai, fino ai due grandi protagonisti del Mondiale: Giroud e Hernandez. Rivela come quest’ultimo abbia scommesso su se stesso, puntando molto (a proposito…) e rinunciando a qualcosa. Un esempio. Per se stesso e per gli altri. Della serietà di Giroud e dell’importanza della sua presenza in questi anni di resurrezione rossonera, scrissi molto anche prima del suo arrivo. Sono felice che ora rispetti le attese, confido sarà così anche per Origi e - perché no - DeKetelaere. Hanno tutto, a livello personale e dalla squadra, per dimostrare il loro valore.
Ultimo pensierino sullo stadio, cui ha accennato invece Scaroni qualche giorno fa. Bisogna liberarsi dal Comune che tiene tutti in ostaggio, dal politichese e dai tempi biblici decisionali di un sindaco che non decide. Il Milan deve avere uno stadio di proprietà da solo, ovunque esso sarà edificato. San Siro ha il destino segnato e, per quanta malinconia questo susciti in noi, prima o poi bisognerà girare pagina. E andarsene da soli.
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