Ibra: "Con Raiola ci mandavamo a quel paese ma era come un padre per me. Mi manca molto"

Ibra: "Con Raiola ci mandavamo a quel paese ma era come un padre per me. Mi manca molto"MilanNews.it
domenica 8 ottobre 2023, 13:48News
di Manuel Del Vecchio

Zlatan Ibrahimovic, leggenda rossonera e mondiale, è stato ospite del giornalista britannico Piers Morgan, per l’ormai famoso format “Piers Morgan Uncensored”. Questa la trascrizione e la traduzione di tutta la lunghissima intervista ad opera esclusiva di MilanNews.it.

L’importanza di Mino Raiola nella sua vita, non solo calcistica: “La sua morte è stata una grande perdita, lo è tuttora, mi manca molto, oggi e per sempre. Non era solo un agente per me, era tutto. La mia carriera è iniziata il primo giorno che l’ho incontrato. Facevamo tutto insieme, condividevo tutto con lui: bei momenti, momenti brutti. Era presente anche nella mia vita privata, gli presentavo una ragazza e gli chiedevo se potesse andar bene o no. Era coinvolto in tutto quello che facevo, davvero tutto. Quando è scomparso per me il calcio è cambiato, non è più stato la stessa cosa. Mi ha visto crescere da ragazzino a uomo, sono diventato chi sono anche grazie a lui. Ma ci davamo sempre battaglia, litigavamo anche in modo duro. Ci dicevamo anche cose pesanti. Del tipo: “Vaffanculo, non lavori più per me”. E lui mi rispondeva: “Per licenziarmi prima devi assumermi”. Mi rispondeva sempre a tono. Odio e amore. Ma anche “l’odio” era amore. Se vuoi bene davvero a qualcuno gli dici tutto in modo diretto senza che questo possa cambiare il rapporto. E dopo che se n’è andato è diventato più difficile, perché ora faccio le mie cose da solo. Prima quando dovevo fare qualsiasi cosa lo chiamavo per chiedergli un parere. Amava le sfide, era un agente che lavorava per i giocatori e non per i club. Il suo obiettivo era quello di cambiare la vita ai calciatori, di salvarli”.

Qual è il miglior consiglio che ti ha dato? “Mi ha sempre detto: sii felice e apprezza quello che fai. Non mi vedeva sempre felice, e il suo motto era questo. Ma per me non era facile, per come sono fatto io non sono mai soddisfatto, voglio sempre di più. Gli dicevo che avevo bisogno di questa fame sul campo. Ma lui mi conosceva perfettamente. Vedeva il futuro prima che accadesse. Sapeva che saremmo stati poco a Barcellona. Ma non per i soldi, ma perché pensava che non fossi adatto per quell’ambiente. Quando ho lasciato il Milan diceva: “Non possono pagarti più”. Diceva che dovevo andare a Parigi perché solo io potevo completare quel progetto. Aveva questa capacità di vedere il futuro. Mi diceva che dovevamo creare problemi, perché eravamo i migliori a risolverli. Quando le cose sono normali non va bene perché non eravamo normali, eravamo sopra la norma. Mi stimolava in questo modo. Quando dovevo cambiare club facevamo il gioco del poliziotto cattivo e quello buono, io dicevo qualcosa e poi iniziava tutto. Lui stava al gioco. Ma se non otteneva quello che voleva diventava lui quello cattivo: volavano sedie, tavoli. È stata una grande perdita. Era un modello per me. Padre, amico, agente, esempio. Ho imparato tanto da lui, ci manca molto”.