Una sosta serena: che sensazione strana. Maignan, i fischi e le due spine per il nuovo DS

Una sosta per le nazionali serena, almeno dal punto di vista dei tre punti. È questo uno dei pochi fattori positivi che ci ha lasciato in eredità Milan-Como di sabato sera, con la vittoria griffata da due colonne imprescindibili e intoccabili di questa squadra ovvero Tijjani Reijnders e Christian Pulisic. L’altro aspetto positivo è l’ennesima reazione all’ennesimo svantaggio, perché con Sergio Conceiçao in panchina si è trattata dell’undicesima rimonta. Pulisic, nel post partita, ha parlato di errori individuali che non possono essere così costanti e così impattanti per una grande squadra come il Milan, che ha una rosa forte nei suoi elementi e non merita, per il suo potenziale, la classifica attuale. Ma questo è, con le responsabilità che sono da attribuire a tutti come andiamo scrivendo da settimane: società, allenatore e calciatori sono tutti complici di un’annata deludente dove gli obiettivi primari sono stati falliti e con la Coppa Italia come piccolo dolcificante per cambiare un minimo il sapore di ciò che si vede sul campo ormai da mesi.
I fischi sono la forma più civile di contestazione, perché penetrano nell’anima e rendono bene l’idea che quello che il tifoso sta vedendo, pagando e anche in maniera lauta il biglietto o l’abbonamento, non gli piace. Il tifoso ha il diritto sacrosanto di poter fischiare i giocatori che indossano la maglia della sua squadra del cuore, perché dentro quei fischi c’è senso di delusione ma anche di amore, in primis per i colori. Al termine di Milan-Como, i giocatori rossoneri non si sono nemmeno avvicinati verso la Curva Sud, che sta portando avanti la sua contestazione a tutte le aree del Milan, e si è visto ad occhio nudo come Mike Maignan, con i gradi di capitano, abbia invitato i propri compagni a non andare verso il settore blu. Una scelta che non è passata inosservata, il cui scopo – forse – era quello di preservare il gruppo da altri fischi? Questo non lo sappiamo, perché non è dato sapere cosa avrebbe fatto la Sud vedendo i giocatori arrivare sotto il settore, ma è parsa una scelta avventata. Fare il capitano non è cosa facile e bisogna leggere le situazioni, anche quelle che non piacciono… Il Milan è ottavo e nessuno può essere felice di quello che si sta vivendo. Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma non andare nemmeno incontro ha segnato un potenziale punto di rottura... Ed è apparsa un po’ fuori luogo la pubblicazione della foto di gruppo, dentro lo spogliatoio, per celebrare la vittoria contro il Como. Per il Milan, in qualsiasi ambito, vincere contro il Como deve essere la normalità e non un evento da celebrare come se si fosse vinto un derby importante e una gara di livello. Il momento è particolare, certo, ma non bisogna esaltarsi troppo, anche perché il Como ha toreato il Milan nei primi 45 minuti di gioco e i fischi – ribadisco legittimi – all’intervallo erano ampiamente meritati.
Capitolo scelta del direttore sportivo. Giorgio Furlani, nei prossimi giorni, entrerà nel vivo della questione ma andranno diramati due aspetti importanti con i candidati a quel ruolo, che sono di fondamentale importanza: chi sceglie i giocatori e l’allenatore e chi fa le trattative. Qualsiasi direttore sportivo vuole essere in prima linea in queste fasi decisionali, sono la benzina che muove il loro lavoro e chi ha potere decisionale in questo momento in quelle due aree, ovvero Furlani per i conti e Moncada per i giocatori, dovrà si cooperare con il nuovo direttore, ma allo stesso tempo quest’ultimo vorrà garanzie sulla sua possibilità di operare scelte e di avere aree di competenza ampie, sia sul campo sia dietro la scrivania.

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