Un bolide imperfetto e il suo pilota: squadra sbilanciata, avrà la diga. Due sorprese dal mercato. Spalletti, ridacci la passione
Sono 4 anni che Stefano Pioli guida una bellissima automobile imperfetta. Sottovalutata, snobbata nei pronostici e minimizzata nonostante i molti risultati positivi, la vettura viaggia in Italia e in Europa alla costante ricerca di perfezionamenti.
Quella che ha iniziato la stagione è certamente una delle versioni più accessoriate, più ricca di ricambi, più elegante di carrozzeria, sebbene palesemente con il motore da collaudare. Quest’ultimo punto è il più delicato: sarà fondamentale e decisivo il rodaggio che deve avvenire con oculatezza, ma allo stesso tempo con coraggio e visione ampia.
La vittoria di Bologna ha riassunto perfettamente i pensieri che credo abbiamo in tanti. La squadra è stanziale con 5/6 giocatori (a volte 7) nella metà campo avversaria. Si espone a ritorni di onde anomale di fronte a una difesa apparentemente sguarnita e traballante: la traversa di Lykogiannis dopo 20” è stata molto significativa, pronti via pressing alto dei rossoneri, imbucata rossoblù e pericolo di svantaggio.
Continuo a pensare - e nelle dichiarazioni post-partita credo lo pensi anche l’allenatore - che non sia solo e tanto un problema di linea difensiva, ma di protezione della medesima. Calabria, Thiaw, Tomori e Theo accusano più errori individuali perché si sentono poco protetti, perché vanno in confusione (forse addirittura panico tattico) quando si vedono aggrediti in inferiorità numerica.
Il lavoro che svolgeva Kessie nelle ultime stagioni milaniste, non lo fa nessuno, nemmeno Bennacer e solo saltuariamente Tonali. Kessie era una toppa costante ai buchi nella metà campo arretrata: quella figura manca.
Pioli ha indicato Reijnders come possibile soluzione futura (in prospettiva persino Adli), non penso che ad oggi Musah abbia questi connotati. Krunic, come ci siamo detti e nonostante la buonissima prestazione di Bologna, è solo adattato all’incarico. Pioli ha anche detto una cosa che penso e che avevo appena esternato - in termini diversi - nel dopopartita su MilanTv: la squadra deve sacrificarsi di più. Loftus al Dall’Ara sembrava cercare (senza palla) posizione e mansioni; Reijnders - eccellente - è rimasto tra la mediana e l’attacco, rinculando in quell’eccezionale chiusura che ha consentito a Maignan di sventare l’occasione con la spalla; Pulisic si è scambiato con Calabria solo in orizzontale o in prima linea; Leao ha rincorso qualche volta, ma è maldestro e a momenti regala un rigore al Bologna. Quello che ha capito tutto subito è stato… Giroud, il quale dopo mezz’ora ha iniziato a giocare come un Gattuso centravanti. Tempo, lucidità e pazienza sistemeranno gli equilibri.
Sul mercato la grande difficoltà di piazzare Ballo Tourè e Origi, blocca le alternative in entrata per Theo e Oli. Sono però priorità irrinunciabili e la società prepara due sorprese, secondo quanto attribuito a Moncada. Mi fido e ci credo, perché (sorpresa o non sorpresa) quelle due pedine servono.
Ieri ho scritto che Mancini ha fatto diventare grande il mediocre Gravina. Liberi di fare le opulente scelte che si preferiscono, da professionisti. Però c’è modo e modo e l’ex CT azzurro, andando ora a farlo negli Emirati, doveva essere più sincero: “Ho ricevuto un’offerta irrinunciabile, grazie di tutto e arrivederci”. Ha scelto il piagnisteo, negando che fosse decisiva la montagna dei sultani da 90 milioni di euro. Triste, avvilente teatrino sulle spalle degli appassionati. Caro Luciano Spalletti, restituiscici una squadra, un amore e quella dignità che si è persa tra Coverciano e Dubai.
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